lunedì 4 marzo 2013

темный - II

Horyzon, Capital City
Appartamento in Ocean Park 
Febbraio 2515



Buio.
Oscurità densa, vischiosa, in cui è difficile muoversi.
Un nulla da cui emergono artigli a ghermire, graffiare, immobilizzare. Nel vuoto.
Buio.
Un senso di angoscia profonda, l'impossibilità di reagire che si traduce in un terrore sordo, acuta disperazione, rabbioso senso di impotenza.

Anya Krushenko si agita nel sonno. Le curve generose del corpo avvolte da una t-shirt blu troppo grande per essere sua. Si arriccia sul ventre piatto, scoprendo i solchi delle cicatrici che le devastano il petto, sul chiarore della cute carezzata dai raggi di luna, attraverso l'enorme parete a vetrata che caratterizza la stanza da letto. Si affaccia direttamente sul mare, come quasi tutte le finestre dell'appartamento, all'ultimo piano del palazzo.
Una visione che sembra circondare di pace ovattata tutta la casa come se fosse l'interno di un acquario, riflettendosi nei toni azzurrini dell'arredamento voluto per ricordarne le atmosfere.
Non ci sono tendaggi alle finestre. Nessun aiuto offerto all'oscurità, che viene sconfitta definitivamente da una piccola lampada a forma di stella blu posta proprio accanto al suo lato del letto.

Non riesce a dormire al buio. E' il prezzo da pagare per essere tornata in vita. Un freno sconvolgente all'istinto indomito che la caratterizzava . Un terrore atavico, immobilizzante. O spinta convulsa ed irrazionale verso l'uscita dalla Tenebra.
Sul comodino, in eterno movimento, una holofoto di Scott, scattata sulla spiaggia il giorno in cui hanno messo piede per la prima volta insieme nella loro nuova casa.

Whisky, il cane del compagno che passa quasi più tempo con lei, è accucciato in fondo al letto, con il muso sulle zampe anteriore e gli occhi umidi, profondi, che di quando in quando si schiudono per spiare la donna nel suo sonno tormentato. A tratti guaisce piano, come ne percepisse le ansie.

Scott non c'è.
Il suo lato del letto è vuoto e freddo, in contrasto col cuscino stropicciato per il modo convulso in cui lei lo cerca nel sonno. E' partito per una delle solite missioni, con la solita irrinunciabile promessa.
"Cercherò di tornare, sempre, da te."
E' un mondo strano, il loro. Ostile. Il 'verse in cui è impossibile poter fare promesse di ogni sorta, se non quella di 'Tentare'.

Nel sonno, nella fase in cui l'inconscio prende il sopravvento crolla ogni maschera. Affiora la fragilità figlia di una parte della sua esistenza che è costretta a nascondere in continuazione, con chiunque e soprattutto con chi ha scoperto di amare di più. La stessa fragilità madre di un attaccamento che mai si sarebbe sognata di provare, per nessuno.

Nel sonno, le ombre si fanno più viscide e spaventose, avvolgendola come melassa da cui è impossibile districarsi. E mentre artigli inesistenti la afferrano, stringendola ovunque come volessero risucchiarla nel nulla attraverso il letto stesso, mentre le ombre più fitte annebbiano le immagini di chi le è più caro minacciando di scaraventare ogni ricordo in un buco nero come quello che già ha sperimentato sulla pelle e colpevole di aver spazzato via per sempre una fetta della sua memoria, ecco che l'aria viene a mancare e con uno scatto improvviso lei apre gli occhi, dapprima senza vedere null'altro che non il proprio terrore, sollevandosi a sedere in preda all'affanno.

Whisky guaisce e balza giù dal letto, per aggirarlo e portarsi al fianco della donna. La coda ondeggia piano, le orecchie si smuovono incerte. La guarda, avvicinando il muso umido alla sua gamba nuda che affiora tra le lenzuola. Un piccolo colpetto del tartufo, con cui la annusa come fiutasse l'odore della sua paura attraverso i pori dilatati.
Le ci vuole qualche momento per capire di essere sveglia. Sbatte le palpebre più vote per scacciare il velo del sonno ed una oscurità che è solo nella sua mente, mettendo a fuoco la luce soffusa e azzurrina che avvolge la stanza. Le ombre dell'oceano oltre le vetrate, decine e decine di metri più in basso. Il modo in cui si srotolano sulla spiaggia, tra riccioli di spuma bianca.
Inspira, espira. L'affanno solleva le curve tonde dei seni, il tessuto leggero della t-shirt le ricade in grembo, coprendo i segni della morte.
Il contatto con il cane sembra scuoterla, riportarla definitivamente alla realtà, nonostante il cuore in gola e qualche minuscola gocciolina di sudore che riluce lungo il viso, carezzata dalle luci artificiali della stanza.


"Da, ya znayu . Eto normalʹno , ne volnuytesʹ " 


Gli parla in russo, come fa spesso quando è da sola o in preda a qualche inquietudine. Il tentativo di tranquillizzarlo accompagna il movimento delle gambe, che fluida spinge oltre il bordo del letto, sino a toccare il pavimento con i piedi nudi. Si piega appena, con le mani a cercare il muso dell'animale e offrirgli qualche coccola, nel duplice intento di placare lui e se stessa.
Il pastore tedesco la guarda, guaisce, le lecca le dita e abbaia piano, una volta sola, girandosi con il muso in direzione della porta, come volesse indicarle chissà cosa. Lei sorride, scrolla il capo, si passa una mano tra i capelli scompigliati.
Ha gli occhi ancora dilatati, le pupille che si sono fatte strada riducendo l'iride ad una sottile curva di muschio. Si umetta le labbra, ed il drago tatuato sembra prendere vita sulla cute chiara, pallida per il brusco risveglio.

"E' troppo lontano, non possiamo andare a cercarlo."

 La voce è un sussurro roco, sporcato dal sonno, bagnato dall'accento della sua terra. Il cane sembra capire, o forse percepisce la malinconia di cui è intriso il suono. Guaisce,  abbassa la coda e le orecchie, rigirandosi su se stesso. Fino a tornare con gli occhi scuri rivolti a lei, e poggiarle il muso tra le ginocchia. Anya sbuffa un sorriso, elargisce una carezza leggera. Il c-pad sul comodino dice che sono le 4 del mattino. Non riuscirà a riaddormentarsi facilmente.
Sceglie di rinunciare. Si alza lentamente, raccogliendo il cortex per stringerselo al polso.

"Vieni. Andiamo a salutare l'alba."
Un invito che l'animale non tarda a cogliere, e già zampetta scodinzolando verso la porta.
Lei lo segue in breve, dopo essersi infilata la prima cosa capitata a tiro.
Forse una tuta di Scott, al quale manderà un messaggio breve ma eloquente, prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle, con l'immancabile torcia in tasca.